Fallimento, come reagire? I passi da fare

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“Mi sento un fallito”:

Quante volte avete pensato: “Mi sento un fallimento, nonostante alcuni obiettivi raggiunti” ? La sensazione di aver fallito accomuna molte più persone di quanto si possa immaginare. Questo avviene poiché la quotidianità che viviamo, spesso, ci “impone” di mantenere degli standard elevati e di “restare sul pezzo”.


Quante volte avete pensato: “Mi sento un fallimento, nonostante alcuni obiettivi raggiunti” ? La sensazione di aver fallito accomuna molte più persone di quanto si possa immaginare.

Effettivamente, non raggiungere dei risultati o non arrivare al traguardo nella modalità che ci prefissiamo, può portare ad una sensazione di profondo disagio. Alcuni di noi vivono l’errore e il mancato obbiettivo come una caratteristica strutturale della propria persona. Per queste ragioni, il vissuto di malessere può essere ancora più forte, portandoci a dedurre di essere degli incapaci  e dei buoni a nulla. Si parla di fallimento.

Cosa succede quando sperimentiamo il senso di fallimento?

In ambito psicologico, si parla di trappola del fallimento (Young & Klosko, 2004), per denotare uno schema mentale, ovvero una modalità che utilizziamo per interpretare alcuni eventi come, in questo caso, esperienze di fallimento. Come risultato di questo, le origini possono essere diverse e più o meno influenti.

A titolo di esempio, uno dei vostri genitori, ad esempio, può esser stato molto critico nei vostri confronti o, ancora, uno di loro può esser stata una persona di successo e voi avete finito per convincervi di non poter mai essere alla sua altezza. Può darsi che, da piccoli, abbiate sperimentato delle difficoltà che vi hanno portato a sentirvi “da meno” rispetto ai coetanei, etc.

In aggiunta a questo, ogni stato d’animo negativo che sperimentiamo ci porta a mettere in atto degli escamotage per vivere meno intensamente possibile gli eventi che, secondo noi, sono attribuibili alle emozioni di sofferenza.  

I comportamenti che adottiamo quando ci sentiamo nella trappola del fallimento

A titolo di esempio, la trappola del fallimento si autoalimenta al punto tale da farlo diventare il protagonista che guida le nostre azioni. Quindi, accade così di mettere in atto il “ragionamento better safe than sorry”, regolato dall’ansia e dalla paura sperimentate quando si avverte una minaccia dietro l’angolo.

  • Scegliete una professione o di intraprendere un percorso al di sotto delle vostre capacità per evitare di misurarvi e di mettervi in gioco;
  • Avete paura e timore di prendere delle decisioni per fuggire dalle responsabilità di avere delle iniziative;
  • Minimizzate le vostre competenze e potenzialità, esaltando i vostri punti deboli in modo da “giocare d’anticipo” rispetto al risultato finale;
  • Scegliete come partner o intraprendete relazioni con persone di successo per compensare il vostro senso di fallimento;
  • Scegliete, spesso, compiti difficili e per questo finite per sentirvi automaticamente dei falliti.

I passi per cambiare la trappola del fallimento

Conseguentemente, nel momento in cui raggiungiamo delle consapevolezze circa le nostre sofferenze e quelle che sono le modalità disfunzionali che incrementano il circolo vizioso, possiamo scegliere. Perciò, si può decidere di partire da se stessi, accogliere lo stato d’animo sfavorevole ed affrontarlo a partire da piccole azioni pratiche.

  1. Riflettete sulle probabili origini che possono aver innescato in voi la sensazione che siate dei falliti. Per iniziare, comprendere ciò che è stato e il valore dato a ciò che abbiamo vissuto, ci porterà ad esplorare nel nostro mondo interiore che ci rivelerà da dove deriviamo. Per far questo, potete utilizzare le tecniche di immaginazione, cercando di rievocare un’immagine di un episodio passato in cui vi siete sentiti allo stesso modo in cui vi capita di sentirvi attualmente.
  2. Valutate oculatamente la vostra sensazione per appurare se sia effettivamente giusto poter considerare i vostri obiettivi un fallimento. Fate un elenco di tutti i traguardi raggiunti compresi quelli che ritenete più semplici. Dopodiché, provate a dare valore ad ogni singolo successo vissuto. Nulla è scontato.
  3. Individuate i classici comportamenti ricorrenti nei vostri fallimenti per riconoscere che sono essi stessi a mantenere in vita la vostra valutazione sminuente le vostre potenzialità. E’ probabile che mettiate in atto meccanismi di evitamento e fuga da tutte quelle situazioni che, per voi, rappresentano una minaccia. Scegliete la cosa più semplice e provate a mettervi in gioco a partire da quella. Potreste conoscervi nuovamente.

L’aiuto è essenziale…

Per questa ragione, ricordate che, chiedere aiuto per lavorare su voi stessi rappresenta essa stessa un’esperienza di successo. In particolare, con la Terapia Cognitivo-Comportamentale è possibile riconoscere e comprendere i pensieri associati al senso di fallimento e dirigere le proprie azioni verso obiettivi più funzionali.

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“Ho provato, ho fallito. Non importa, riproverò. Fallirò meglio.”


(Samuel Beckett)

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Dr.ssa Simona Campanella
Dr.ssa Simona Campanellahttps://esisterebene.it/simona-campanella-psicologa-siena/
Psicologa Clinica, vivo a Siena. Mi occupo prevalentemente di valutazione diagnostica, sostegno psicologico ad adulti, bambini e adolescenti. Esercito la mia professione in zona ma anche tramite Consulenze online in tutta Italia. Da sempre, intendo la mia professione come una risorsa da offrire all’altro per dare la possibilità di diventare più consapevoli di se stessi. Elaboro percorsi specialistici individualizzati in base alle esigenze della singola persona. Mi occupo di valutazione psicodiagnostica e trattamento di supporto ad adulti, bambini, coppie e famiglie. Nell'ambito dei disturbi dell'alimentazione, sono istruttrice di Mindful Eating secondo il protocollo MB-EAT (Mindfulness Based-Eating Awereness Training). L’approccio terapeutico che prediligo è quello ad orientamento cognitivo-comportamentale, una Psicoterapia scientificamente fondata e che aiuta a mettere in relazione emozioni, pensieri e comportamenti. Inoltre dedico la mia professione con grande passione nell’ambito della Disabilità; infatti, da diverso tempo mi occupo di favorire l’integrazione sociale attraverso azioni interattive che restituiscono alla persona disabile il ruolo di cittadino attivo.

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