Tra le paure più frequenti che portano le persone quando vengono in terapia da me è quella dell’abbandono.
Se ci pensate, restare da soli, affrontare la vita senza qualcuno che rappresenti un punto di riferimento, cavarsela per sé, non ha una visione confortante. Tutti, in poche o molte occasioni, abbiamo bisogno di un supporto, soprattutto emotivo.
“Dottoressa, ho paura di sentirmi sola!, “La mia vita è sempre un continuo andirivieni di persone”, “Ogni volta che si allontana da me, è una tragedia. Non riesco a calmarmi”, considerazioni di questo genere fanno presagire di essere di fronte ad una lifetraps o, in altre parole, “trappole per la vita”.
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Cosa sono le “trappole”?
Le trappole, così chiamate dagli psicologi J. Young e J. Klosko, sono degli schemi mentali che condizionano il nostro modo di agire, provare emozioni e sentimenti. In alcuni casi, queste modalità si formano in momenti cruciali dello sviluppo e si rinforzano nel corso del tempo in virtù delle circostanze e degli eventi che viviamo. Così, è probabile che possiamo sentirci attratti, a causa della presenza dello schema, proprio da quelle situazioni interpersonali che confermano lo schema stesso. Riconoscere le trappole non è semplice, potremmo porci alcune domande per avere qualche indicazione in più:
- Resto coinvolto spesso in relazioni con persone che si mostrano affettivamente fredde e distanti?
- Credo che ci sia qualcosa si sbagliato in me, che nessuno possa amarmi completamente?
- Metto i bisogni dell’altro prima dei miei al punto che le mie esigenze non vengono mai soddisfatte?
- Mi accorgo che, sebbene gli altri mi approvino, continuo a sentirmi infelice e non meritevole?
Conoscere la trappola dell’abbandono
Sentirsi soli, vivere con l’idea che le persone che si amano ci lasceranno, avere il timore costante che succeda qualcosa di brutto ai propri cari, ci intrappola nella paura dell’abbandono.
Questa convinzione potrebbe portarci ad un attaccamento eccessivo nei confronti dei nostri cari e, paradossalmente, potrebbe accadere di ritrovarci senza legami affettivi importanti. Il “ciclo emozionale dell’abbandono” è caratterizzato da angoscia, dolore, rabbia. In questi casi, a sconvolgerci maggiormente è la perdita, il fatto di avere un legame e poi perderlo, di venire ricacciati nella solitudine affettiva ed emotiva.
“Dottoressa, non potevo proprio continuare a rivivere una situazione così angosciante. Mi faceva soffrire l’idea che potesse finire da un momento all’altro. Oltretutto, non riesco mai a trovare qualcuno disponibile a starmi vicino ed infondermi stabilità e sicurezza”. La mia paziente mi riportava episodi caratterizzati dal timore di non riuscire a vivere, fino in fondo, relazioni durature. C’era sempre una rottura seguita da tumultuose rappacificazioni.
5 passi per cambiare la trappola dell’abbandono
- Cercate di comprendere l’abbandono che avete subito da bambini o, qualunque evento vi abbia fatto avere tale timore.
- Tenete d’occhio i vostri sentimenti “abbandonici”. Bisogna diventare, in qualche modo, consapevoli della sensibilità e predisposizione alla perdita delle persone con le quali si hanno rapporti più stretti.
- Riesaminate le vostre relazioni passate, fate una lista delle trappole che portano all’abbandono.
- Evitate partner instabili, poco desiderosi di impegnarsi ad offrirvi relazioni sicure.
- Quando trovare qualcuno, pronto a darvi sentimenti di protezione, tutela e sicurezza, dategli fiducia. Non è detto che vi lascerà!
La terapia cognitivo-comportamentale, in tal caso,offre la possibilità di confrontarsi con se stessi per migliorare la capacità di valutare la gestione dei propri schemi interni in termini di emozioni e comportamenti e di ristrutturare l’interpretazione cognitiva degli eventi. Il terapeuta aiuta a riconoscere i temi disfunzionali ricorrenti (schemi mentali) e ad attivare strategie e tecniche utili a correggere i propri comportamenti.
Richiedi un appuntamento per conoscere le tue lifetraps.
“Cambiare la propria vita non è facile.
Cambiare la propria vita è però possibile.”